Tai Chi Chuan

venerdì 25 dicembre 2009

il tao per un anno - 24,25 e 26 Dicembre - BUON NATALE

24 dicembre

Collettività

Le società antiche erano tribali;
il gruppo pensava per tutti.
La società moderna è frammentata;
l'individuo deve essere complesso.

Se le società tradizionali erano spesso composte da persone semplici, è perché potevano contare su una cultura che pensava anche per loro.
All'interno della comunità ogni individuo aveva un ruolo preciso e poteva concentrarsi sulle proprie funzioni, perché sapeva che la collettività avrebbe provveduto a tutto il resto.
Al contrario, la specializzazione moderna ha creato una moltitudine di ruoli separati, che però non danno necessariamente vita a un'entità completa.
Spesso, anzi, perdiamo la percezione della totalità. Abbiamo commentatori e critici, ma ci mancano i capi; esaltiamo l'egualitarismo e il consenso, ma lo facciamo con ipocrisia.
La nostra non è democrazia, ma un caos di voci stridenti: siamo una massa di individui che non perseguono un fine collettivo, ma solo scopi particolari.
Ognuno di noi si ritrova così gravato di un pesante fardello: dobbiamo compiere più scelte, essere più informati, intervenire in ambiti diversi.
Non possiamo semplicemente concentrarci sul nostro compito, perché il nostro compito è competere con tutti gli altri.
Al giorno d'oggi non è facile coltivare la spiritualità. In passato chi sceglieva la vita spirituale godeva del sostegno degli altri, e i religiosi erano parte della collettività così come i contadini.
Oggi chi aspira alla vita spirituale deve inventarsi un nuovo ruolo, e creare da solo la propria strada in una società ormai quasi incapace di riconoscere questi valori.


25 dicembre

Dualità

Siamo demoni.
Siamo tenebre.
La nostra anima è in gioco. La nostra anima è luce.
La dispersione ci minaccia.
Non cediamo la chiave. Dissolviamoci.

1 problemi dell'umanità non sono di natura metafìsica: sono personali. In noi esiste la dannazione, ma anche la salvezza. Siamo principi della tenebra e della luce al contempo: né l'una né l'altra può essere espulsa dalla nostra anima. La vera essenza della vita si esprime nel coraggioso tentativo di dominare questa dicotomia.
Se non agiamo, scivoliamo verso le tenebre.
Ma se facciamo anche solo il minimo sforzo per raggiungere la luce, ci verrà offerto aiuto.
Lottiamo per la luce, o correremo il rischio di disperdere la nostra anima, la nostra mente, il nostro corpo: la nostra stessa umanità.
La chiave di tutto questo è il nostro equilibrio: dobbiamo lottare per non perderlo, perché ad esso è affidata la mediazione tra la luce e le tenebre.
Se vogliamo porre fine alla dualità, dobbiamo arrivare a dissolvere anche il nostro equilibrio nell'unità universale: ma attendiamo di essere pronti, perché non potremo più tornare indietro.
La differenza fra la dispersione provocata dall'inerzia e il dissolvimento raggiunto come coronamento della propria spiritualità è enorme.


26 dicembre

Conclusione

II profilo dell'ombra non è mai
uguale al bordo. Il momento di contemplare la fine è sempre
prima della fine.
La purezza è luce.

Cinque giorni alla fine dell'anno. Ci sarà una conclusione. E ci sarà un nuovo inizio.
Questo è il Tao.

Se osserviamo un vaso sul davanzale di una finestra, e cerchiamo di capire cosa ne definisce la forma, noteremo un'ombra: il suo profilo non coincide mai con i veri bordi del vaso. La fonte di luce principale proviene da un lato del vaso, e dall'altro lato proviene una luce riflessa.
Così come il profilo dell'ombra che apparentemente definisce il contorno di un oggetto non corrisponde mai al vero bordo dell'oggetto stesso, anche noi dovremmo pensare a limiti e conclusioni prima di raggiungerli. Non potremo mai rinunciarvi, poiché essi definiscono i nostri sforzi; ma se desideriamo trarne qualche beneficio, dobbiamo sapere come porci nei loro confronti. Per i seguaci del Tao, chi sa prepararsi alle conclusioni è degno della più grande ammirazione.

In passato vi erano imperatori, eruditi, santi e altre persone dotate di una profonda coscienza di se stesse che riuscivano a presagire il momento della morte; ancora in forze, componevano poesie di commiato, e sapevano come affrontare la fine prima ancora che arrivasse. Per questo al momento del trapasso non si lasciavano dietro né rimpianti, né cose in sospeso: e la purezza del nuovo ciclo era assicurata.

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